B&B Tricesimo

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Trovato un b&b nella città di Tricesimo .

da € 90
a camera
Bed and breakfast

Villa Miotti de Braida

Tricesimo (UD) - Zona: Borgobello

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Villa Miotti de Braida fu riedificata, su progetto dell'architetto Cesare Miani, dopo la prima guerra mondiale, sulle rovine della vecchia villa, distrutta dalle bombe di un aereo austriaco, un giorno prima della rotta di Caporetto. (Allegata foto vecchia villa)

Scrisse a tal proposito il prof.Tito Miotti...

Perché non vada perduto il ricordo di com'è rinata due volte
una casa nel corso di un secolo.
Nel Libro Notarile 1551-1552 del notaio Panfilo di Tricesimo si fa menzione che nel 1551 "ser lanciano Miotti de Brayda di Conoglano" acquista tre bearzi di terra in "Burcubel" di Tricesimo. Al centro di due ettari circa di terreno, in parte boschivo e in parte coltivato a vite, v'era una grande villa tardo-secentesca ampliata in tempi successivi. Alla parte centrale era stata aggiunta sul finire del secolo scorso, un'ala dedicata a scuderia per cavalli sovrastata da un fienile. Ne era risultato un grande edificio di tre piani con superficie di 350 mq ciascuno.
Mio padre, con la famiglia, l'abitava nei mesi estivi. Io vi entrai alla fine del giugno 1913 pochi giorni dopo la nascita avveuta a Udine (per motivi di prudenza diceva mia madre, che aveva 42 anni).
Iniziava la guerra e, alla fine del 1915, metà della villa venne requisita da un servizio informazioni dell'esercito e alla mia famiglia fu riservata l'altra metà. Nel settembre 1917, pochi giorni prima di Caporetto, un aereo austriaco lasciò cadere qualche piccola bomba tentando di centrare la villa. Rapida fuga dei militari e nostra. Ritornammo a Tricesimo poco meno di due anni dopo e dagli abitanti di Borgobello venimmo a sapere che due giorni dopo la nostra fuga un aereo aveva centrato con più bombe la villa. I muri più alti, infatti, non raggiungevano i tre metri.
I danni per l'abbandono e le intemperie (i ladri avevano asportato porte e finestre) erano stati subiti anche dalla casa detta "Peressot", un abitato con stalla e fienile posto ai margini della tenuta.
Mio padre fece esposto dei gravissimi danni al Ministero di apposita creazione. Un mese dopo gli esperti erano già all'opera per quantificare i danni. Tre mesi dopo mio padre ricevette la perizia: tanto al metro cubo distrutto, tanta la rifusione per il danno subito. Ne risultava una cifra da capogiro. Per la ricostruzione della villa mio padre si rivolse all'arch. Onagro della Soprintendenza di Venezia; l'architetto fornito di grande esperienza, di buon gusto e buon senso.

Nel 1915 infatti, parte della villa era occupata da un comando militare agli ordini del gen. Gherardo Viscontini, capo di un servizio informativo della Stato Maggiore e per la restante parte dalla famiglia Miotti.
Una mattina d'ottobre del 1917, Tito e la sorella Pia Miotti, bambini, stavano osservando da una terrazza le evoluzioni di un aereo che, improvvisamente, sganciò una bomba a una cinquantina di metri dalla villa, seguita da altre che sforacchiarono il retro della chiesa parrocchiale. Immediato il trasferimento del comando militare che suggerì anche alla famiglia di spostarsi altrove.
Successivamente alla rotta di Caporetto ed alla terribile epidemia di spagnola, i Miotti rientrarono a Udine, da Roma dove si erano trasferiti, ma della villa di Tricesimo non restavano che macerie, i muri più alti non raggiungevano i tre metri. Dalla gente di Borgobello seppero che, un giorno prima della rotta di Caporetto, la villa era stata centrata a più riprese dalle bombe di un aereo austriaco. Evidentemente si riteneva che accogliesse ancora un servizio informativo. Non era un edificio importante sotto il profilo architettonico, sebbene conservasse strutture sei-settecentesche modificate e ampliate da apporti del tardo ottocento. Ma con essa si erano perduti tanti ricordi.
Il cav. Giovanni Miotti, padre di Tito, nel frattempo aveva creato le prime dieci succursali della Banca del Friuli (già Banca di Udine) e ne era direttore generale.
Restava il cruccio della casa demolita in Borgobello. Approfittando della legge sui danni di guerra che consentiva gli apporti necessari alla ricostruzione della villa con l'obbligo di riedificarla sulla stessa superficie e con la stessa cubatura della precedente, Giovanni si trovò assegnatario di una cifra elevatissima con l'obbligo di dare conto delle spese e di restituire eventuali eccedenze. Per la progettazione si affidò all'arch. Ongaro, Soprintendente ai beni architettonici del Friuli. Il progetto, purtroppo, andò perduto quando aerei alleati, durante la seconda guerra, bombardarono la casa di Elio Miotti (fratello di Tito) a Udine. Il progetto s'ispirava alle ville settecentesche venete di sobria eleganza e di misure corrispondenti a quelle dell'edificio abbattuto. I numerosi interni si presentavano a misura d'uomo come suggerito dal buon senso settecentesco.
A Giovanni dovette essere parso un edificio modesto e, ambendo a qualcosa di più prestigioso, si rivolse all'arch. Cesare Miani che gli presentò un progetto consono alle sue aspirazioni. Salone centrale e sale laterali di altezza inusitata, profusione di marmi ed esterni coperti da pietra lavorata o scolpita secondo i canoni neo-classicheggianti e Liberty. Ne risultò un edificio rispondente a canoni architettonici che ne fanno un "unicum" in Friuli, tanto che fu notificata alla Soprintendenza alle Belle Arti.

L'architetto Cesare Miani (Udine 1891-1961) ne curò il progetto e la realizzazione (1922).
Miani, diplomatosi all'accademia di Brera di Milano nel 1916, studio con Giò Ponti e Giuseppe Greppi, fu allievo a Milano di Gaetano Moretti, ma il suo vero maestro fu Raimondo d'Aronco, col quale collaborò all'elaborazione degli esecutivi del palazzo municipale di Udine.

"A un fastoso eclettismo Miani si richiamò nella Villa Miotti a Tricesimo", scrisse Licio Damiani, ed aggiunse: "Probabilmente condizionante nella scelta stilistica fu l'ambiente, uno tra i più suggestivi del Friuli. Sulla sommità d'una collina, immersa tra i fiori, i cedri del Libano, i bossi di un giardino all'italiana, circondata da boschi fitti, la villa domina un paesaggio stupendo di montagne, colli, pianura, sparsi di borghi e castelli. Il luogo ricorda lo scenario appartato e silente delle toscane ville medicee, nelle quali è la natura stessa a partecipare all'effetto architettonico. E, appunto, la villa Miotti riprende le linee del manierismo toscano con pacatezza e con energia ridente.
La facciata principale, verso la quale confluiscono i policromi comparti del giardino, indispensabile complemento scenografico alla costruzione, culmina nell'armonioso portico a tre archi e nel maestoso balcone in pietra, mentre la facciata retrostante, con il suo svolgersi di lisce superfici, è dominata da una grandissima finestra ad arco ribassato. Un'ampia e scandita sequenza di finestre si disegna sulle facciate laterali. L'edificio termina in alto con un ricco cornicione fiorentino molto sporgente, sostenuto da mensole di legno; in legno sono pure i cassettoni dipinti all'interno. Il sottotetto è ornato da un fregio ad affresco raffigurante teorie di putti, di Enrico Miani. La vivace policromia della pittura riflette nella salda ma serena compattezza dell'edificio il dolcissimo dispiegarsi dell'ambiente naturale."

Durante la seconda guerra la villa accolse un importante centro di trasmissione tedesco. Sul limitare del parco furono erette due torrette coperte con lastre di formica, irte di antenne e altre antenne si alzavano dal tetto della villa; tutt'intorno profonde trincee approntate per un eventuale attacco alleato.
La villa questa volta non finì in macerie solo perché, all'interno del comando tedesco c'erano due spie alleate che, durante la fuga dei tedeschi, si salvarono passando un'intera notte in una cisterna per la raccolta dell'acqua, collocata sul tetto della villa, respirando attraverso canne di bambù.
Il 6 maggio 1976, il tragico terremoto rese inabitabile la villa. Gli esperti interpellati all'epoca, davano risposte divergenti circa un recupero sicuro della stabilità. Il prof. Miotti, dopo avervi abitato per quasi sessant'anni, vi fu cacciato in 59 terribili secondi.
L'intervento per il ripristino della villa dovette essere tempestivo in quanto le enormi capriate, sotto la spinta delle ripetute scosse, rischiavano di far crollare l'intero edificio.
Una ditta milanese, con iniezioni di materiali cementizi e perforazioni per micropali di acciaio-cemento, le ridiede la necessaria stabilità. Enorme fu il lavoro di ripristino delle pareti interne e dei soffitti, tutti a gesso, e delle facciate che le iniezioni e le perforazioni avevano dissestato. Ci volle oltre un anno di lavori affinché la villa riacquistasse l'aspetto primitivo con un ampio margine di sicurezza antisismica.

"In questa sua avita dimora, nella quiete dell'amata Borgobello Tito Miotti, fra il 1953 e il 1993, trasse da antiche memorie e da reperti, la storia di oltre quattrocento castelli e fortilizi del Friuli" recita la targa apposta sul prospetto principale di Villa Miotti.