La Tuscia

Visita la Tuscia: soggiorni favolosi nella natura e scopri i prodotti tipici, l'arte e la storia

Foto del castello Ruspoli - Vignanello (VT)
Foto del castello Ruspoli - Vignanello (VT)

Una breve descrizione della storia e delle peculiarità della Tuscia per la scoperta di una vacanza favolosa nella antica terra degli etruschi

La Tuscia: Mappa



La Tuscia - antico nome dell'attuale realtà amministrativa costituita dalla Provincia di Viterbo - è costellata di memorie storiche e artistiche armoniosamente coniugate con un territorio che tra campi, boschi e laghi si estende per circa 3.612 km2 tra Roma, la Toscana, il Mar Tirreno e l'Umbria

Su un territorio così poco esteso si possono ammirare tante e diverse bellezze da rendere la zona tra le più interessanti d'Italia: si va dalla costa tirrenica ad ovest, con litorale sabbioso coronato dalla tipica vegetazione mediterranea, alle pianure di colmamento della Maremma Viterbese; dalle colline boscose del Monte Rufeno e dei Monti Volsini, Cimini e Sabatini, fitti di querce e castagni, con i vulcanici Laghi di Bolsena, Mezzano, Vico e Monterosi, alla notevole area termale riunita intorno alla piana di Viterbo, fino alla rigogliosa Valle del Tevere ad est, percorsa da forre fluviali e speroni tufacei più o meno elevati su cui si ergono caratteristici centri storici d'antica origine.

La storia della Tuscia

Sebbene molteplici siano le testimonianze della presenza umana nella Tuscia già in epoca preistorica, furono tuttavia gli Etruschi i primi a lasciare nel territorio viterbese unimpronta indelebile della loro civiltà. Basti ricordare, nel territorio di Viterbo, la necropoli rupestre di Castel D'Asso, la prima ad essere scoperta e fatta conoscere al mondo della cultura (era il 1817), caratterizzata da una spettacolare concentrazione di tombe monumentali addensate lungo le rupi, variamente intagliate nella roccia e distribuite su due o tre ordini sovrapposti; Ferento, dove gli scavi compiuti a partire dal 1966 dall'Istituto Svedese di Studi Classici di Roma sul colle di S. Francesco, meglio noto come Acquarossa, più d'ogni altro hanno contribuito alla conoscenza della prima architettura domestica e civile del Popolo etrusco e della sua vita quotidiana; Norchia, la più grandiosa e spettacolare necropoli rupestre d'Etruria e d'Italia, con tombe a finto dado o a dado datate dal IV al I sec. a.C., disposte a terrazze negli aspri declivi prospettanti il centro urbano; Vulci (Montalto di Castro), dove tra le altre spicca, per la complessità degli ambienti e per l'importanza architettonica, la Tomba François, decorata con un grandioso ciclo di affreschi di carattere storico.

Ma è soprattutto Tarquinia la città madre dell'Etruria, la cui storia si identifica con quella del Popolo etrusco. Se nel corso dell'VIII e del VII sec. a.C. la supremazia politica di Tarquinia si estende per un vasto territorio che si prolunga nell'entroterra fino ai Monti Cimini e al lago di Bolsena, nel VI secolo sempre più attivi diventano i traffici con l'Oriente e la Grecia che la rendono ancora più ricca e potente.

Ne sono testimonianza il tempio dell'Ara della Regina, il più grande d'Etruria, dal quale provengono i famosi Cavalli alati in terracotta custoditi nelle sale del rinascimentale Palazzo Vitelleschi, un museo nazionale che raccoglie migliaia di reperti tra vasi, ceramica etrusca e greca, sarcofagi, bronzi, gioielli, sculture ed ex voto, ma soprattutto le tombe, per lo più accentrate nella collina di Monterozzi, dalle quali provengono molti preziosi reperti conservati nel Museo. Di queste, un cospicuo numero sono dipinte e costituiscono una pinacoteca dell'arte antica mediterranea ed italica: la tomba delle Pantere, dei Tori, della Caccia e della Pesca, degli Auguri, delle Leonesse, del Barone, dei Giocolieri, del Cacciatore, della Fustigazione, dei Leopardi, della Scrofa Nera, degli Scudi, dell'Orco etc., datate dal VI secolo al I a.C.. Successivamente, la conquista del territorio ad opera dei Romani portò all'edificazione di terme (numerosi sono i ruderi sparsi nella campagna prossima a Viterbo), città, ville patrizie, anfiteatri (notevoli quelli di Ferento e di Sutri), ponti (arditissimo quello dell'Abbadia di Vulci, sul fiume Fiora) e acquedotti, soprattutto lungo la Via Cassia, arteria di storica importanza che unisce Roma e Firenze (ora sostituita, per più rapidi collegamenti, dall'Autostrada del Sole), costruita certamente al tempo delle prime relazioni dei Romani con gli Etruschi per assicurare, insieme con le vie Aurelia e Clodia, i collegamenti tra Roma e le città dell'Etruria. La caduta dell'impero e le invasioni barbariche, l'incerto dominio bizantino e la pressione longobarda portarono poco a poco all'abbandono degli abitati disposti lungo le vie e al ripristino dei luoghi alti per necessità di difesa e sicurezza: le domuscultae, villaggi sparsi posti sotto la tutela del vescovo di Roma, dettero origine ad un vasto patrimonio ecclesiastico, mentre i castra, villaggi chiusi sorti in luoghi alti in prossimità del castello baronale, furono invece i nuclei di una numerosa feudalità laica.

Lo Stato Pontificio

La formazione dello Stato Pontificio, che attraverso un lento e faticoso processo iniziato nell'VIII secolo con la cessione a papa Gregorio II, da parte del re longobardo Liutprando, di Sutri, può dirsi compiuto nei suoi tratti essenziali solo nel XV secolo, portò alla costruzione di castelli-palazzi, spesso ricostruiti su preesistenti fortezze medievali appartenute a nobili feudatari del posto e a principi della Chiesa:

Orsini (Soriano nel Cimino, Vasanello, etc.)
Marescotti-Ruspoli (Vignanello)
Monaldeschi (Bolsena, etc.)
Farnese (Caprarola, Gradoli, Valentano, etc.)
Borgia (Civitacastellana, Nepi)
Odescalchi (Bassano Romano)
Albornoz (Viterbo)
Santacroce-Altieri (Oriolo Romano)

centri storici (Viterbo, Vitorchiano, Calcata, Bassano in Teverina, Orte, etc.)
ville e giardini di pregio (Villa Lante a Bagnaia, Palazzo Farnese a Caprarola, Parco dei Mostri a Bomarzo)

e chiese più o meno elaborate (mirabili quelle romaniche di S. Maria in Castello a Tarquinia, di S. Pietro e S. Maria Maggiore a Tuscania, il Duomo di Civita Castellana con lo splendido portico cosmatesco, l'abbazia cistercense di S. Martino al Cimino, il raffinato Santuario rinascimentale della Madonna della Quercia, etc.). Arte e paesaggio della Tuscia Talmente diversificate sono pertanto le realtà storico-artistiche e naturalistico-ambientali che caratterizzano il territorio viterbese che, per avere un quadro piuttosto omogeneo, è necessario raggrupparle sotto alcuni comuni denominatori facenti capo a: Le Grandi Famiglie, La Valle dei Calanchi, Il Sentiero dei Briganti, La Via Francigena e Il Lago di Bolsena. Le Grandi Famiglie Ai Monaldeschi rimandano le rocche di Bagnoregio e Castiglione in Teverina, la Torre di Civitella D'Agliano, il Castello di Bolsena, oggi sede del Museo Territoriale del Lago di Bolsena, l'imponente Castello, detto anche Palazzo Madama, di Onano (che appartenne successivamente agli Sforza), e il bellissimo Palazzo di Lubriano. Ma quella che maggiormente ha lasciato testimonianza della sua presenza nel nostro territorio è senza dubbio la Famiglia Farnese, che con papa Paolo III iniziò la vocazione al mecenatismo di cui beneficiarono Roma, Parma e Piacenza. Nel 1534, con l'elezione al soglio pontificio di Paolo III, zio di quel cardinal Alessandro Farnese che aveva iniziato i lavori nella residenza di Caprarola, affidando il progetto all'architetto Antonio da Sangallo il Giovane, la fama della famiglia Farnese tocca il suo momento più alto. Nel 1559, sotto la guida dell'architetto emiliano Jacopo Barozzi detto il Vignola, la rude fortezza di Caprarola viene trasformata in un edificio di nobile rappresentanza, un gioiello tardo-rinascimentale affrescato negli splendidi ambienti interni dagli artisti più in voga dell'epoca.

Ponte san Pietro sul Fiora - Ischia di Castro (VT)
Ponte san Pietro sul Fiora - Ischia di Castro (VT)

Oltre poi alla ristrutturazione urbanistica del paese di Caprarola, i Farnese si adoperarono per aumentare il pascolo e il terreno coltivabile delle campagne limitrofe al Lago di Vico - l'antico Ciminius Lacus, per superficie il terzo del Lazio, che con la Riserva Naturale del Lago di Vico costituisce il patrimonio naturalistico del territorio di Caprarola: scavando l'emissario artificiale sotterraneo che conduce le acque al Rio Vicano, tributario del Treia e quindi del Tevere, i Farnese diminuirono sensibilmente superficie e profondità e il lago assunse la configurazione attuale a ferro di cavallo, lasciando allo scoperto l'area anulare attorno al Monte Venere, oggi in parte acquitrinosa e in parte coltivata a noccioleto. Tuttavia, sebbene il Palazzo Farnese di Caprarola e il drammatico destino di Castro - distrutta nel 1649 per ordine di papa Innocenzo X Pamphili - siano ben noti, la Tuscia farnesiana rimane sostanzialmente sconosciuta ai più, nonostante sia pressoché costellata di monumenti dovuti alla magnificenza dei Farnese: i Castelli Farnese di Capodimonte, Farnese e Cellere, la Rocca Farnese a Valentano, il Palazzo Farnese di Gradoli, i Palazzi Ducali di Latera e di Ischia di Castro, rappresentano i segni del passaggio di questa illustre famiglia che, a cominciare da Ranuccio III il Vecchio, capitano delle milizie pontificie, donò per oltre due secoli alle terre della Val di Lago (Lago di Bolsena) un'epoca di pace e di risveglio. L'isola Bisentina (Capodimonte), considerata la gemma più preziosa del Ducato Farnesiano, fu addirittura il luogo deputato ad ospitare i sepolcri di famiglia. Altra illustre famiglia è quella degli Orsini, che ritroviamo a Soriano nel Cimino (nell'imponente Castello che è fra i meglio conservati nel Lazio), a Vasanello, a Celleno, e che è esemplarmente rappresentata dal Palazzo Orsini e dal Sacro Bosco di Bomarzo - un gioiello tardo-rinascimentale unico al mondo, caratterizzato da un suggestivo parco con sentieri e terrazze popolate da gigantesche sculture in peperino fatte realizzare da Vicino Orsini a partire dal 1520, alla cui fama contribuirono senza dubbio il pittore catalano surrealista Salvador Dalì, che oltre a trarre ispirazione per le sue opere, girò un cortometraggio che fece letteralmente il giro del mondo, e lo scrittore argentino Manuel Muijca Laìnez, che nel 1962 pubblicò il suo famoso romanzo “Bomarzo”, da cui fu tratta l'opera lirica del compositore argentino Alberto Ginastera.

La Valle dei Calanchi
Si tratta di un vasto territorio situato nel versante nord-orientale della Tuscia, che interessa i comuni di Bagnoregio, Castiglione in Teverina, Celleno, Civitella D'Agliano, Graffignano e Lubriano. Anche denominata “Forre della Teverina”, quest'area è costellata da grandi lingue di argilla biancastra, i “calanchi”, che con i loro profondi tagli rendono il territorio un unicum dal punto di vista naturalistico-ambientale. La forte attività erosiva, in particolare delle acque pluviali, non consente alla vegetazione di crescere sui crinali dei calanchi, cosicché essi appaiono nudi ed aridi, conferendo al paesaggio un aspetto quasi “lunare”. Nonostante ciò alcune specie arbustive riescono comunque ad attecchire, come le ginestre, l'olmo, la rosa canina, il rovo e il biancospino, che nelle zone pianeggianti lasciano il posto a boschi di castagno e cerro popolati da civette, barbagianni, gufi, volpi e cinghiali.

Se ciascuno dei comuni sopra menzionati, costellati di memorie storiche ed artistiche dei secoli passati, si caratterizza per la bellezza di un paesaggio ancora integro e per la tipicità dei prodotti eno-gastronomici, è però soprattutto il borgo di Civita di Bagnoregio - città natale di San Bonaventura e dello scrittore Bonaventura Tecchi - ad affascinare per la spettacolarità del sito: uno sperone tufaceo di circa 70 m d'altezza, minato dall'erosione del tempo, che Tecchi battezzò “la città che muore” ma che, lungi dal morire, è senz'altro uno dei siti più “vitali” e più suggestivi del territorio viterbese. Il Sentiero dei Briganti E' un percorso nella natura di circa 100 km, che collega la Riserva Naturale Regionale di Monte Rufeno con Vulci, in piena Maremma. Inizia nel punto in cui convergono i confini di Toscana, Umbria e Lazio e si dirige verso il Lago di Bolsena, la Selva del Lamone, le rovine di Castro, per arrivare fino al mare. L'itinerario ripercorre le tracce dei briganti che alla fine dell'Ottocento incrociavano su questo territorio, controllato all'epoca da nobili e prelati e flagellato da miseria e malaria. Sono i luoghi di Domenico Tiburzi, il “Re del Lamone”, di Fortunato Ansuini, di Mariano Menichetti e di Luciano Fioravanti, esponenti di spicco del brigantaggio.

Il Sentiero dei Briganti collega i paesi e i luoghi, spesso impervi, dove questi personaggi hanno compiuto misfatti e dove si sono rifugiati nelle loro latitanze.
Ripercorrere il sentiero dei briganti (Riserva Regionale Naturale di Monte Rufeno, Proceno, Acquapendente, Onano, Grotte di Castro, il Lago di Bolsena, Gradoli, San Lorenzo Nuovo, Latera, la Selva del Lamone, il Lago di Mezzano, Valentano, Farnese, Ischia di Castro, Castro e Cellere) può diventare l'occasione per una bellissima escursione in mountain bike, a piedi o a cavallo.

La Via Francigena
La Via "Francigena" o "Romea", nata come collegamento tra Roma e i territori franchi dei carolingi di Francia e dei paesi germanici e che da Canterbury portava a Roma, è la strada forse più importante dell'epoca medievale.

Ben diversa dalle consolari romane, concepite per il transito degli eserciti e il trasporto delle merci, la Francigena, una via maestra percorsa per secoli da Sovrani, Imperatori, plebi e religiosi, ma soprattutto da migliaia di pellegrini in cammino verso i luoghi Santi della Religione Cristiana, offre un'escursione a ritroso nel tempo, attraverso la storia dei comuni che attraversa:

Proceno;
Acquapendente, tappa fondamentale per i pellegrini, grazie alla preziosa reliquia portata dalla Terra Santa e conservata nella Basilica del Santo Sepolcro;
San Lorenzo Nuovo; Bolsena, la città della santa protettrice Cristina e del miracolo, avvenuto nel 1263, della “transustanziazione”, da cui sarebbe nata la solennità del Corpus Domini;
Montefiascone, visibile dalla Cassia a diversi km di distanza per via dell'imponente cupola barocca della Cattedrale di Santa Margherita e per i resti della Rocca dei Papi, resa famosa fin dall'antichità dal bianco D.O.C. Est!Est!!Est!!!

E poi Viterbo che, sviluppatosi proprio grazie alla Via Francigena, divenne uno dei cardini dell'intero percorso, ricco di ospizi, alloggi e memorie storiche;
San Martino al Cimino (con l'omonima abbazia cistercense e il Palazzo Doria Pamphili a fungere da splendido fondale scenografico dell'abitato progettato da Marcantonio De Rossi nel ‘600), Ronciglione, Vetralla, Capranica, Sutri e Monterosi, dove, abbandonata la Cassia, si proseguiva per la Via Trionfale fino a Roma.

I testi di questa pagina sono stati redatti dalla Ce.F.A.S. Azienda Speciale CCIAA di Viterbo che ne detiene tutti i diritti.

Cattedrale di San Lorenzo - Viterbo (VT)
Cattedrale di San Lorenzo - Viterbo (VT)

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